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Il primo passo verso la RESILIENZA

Spostati da dove sei che a stare fermi si diventa immobili.

È successo che ogni cosa si è fermata nella mia vita all’improvviso come in un film quando premi stop e tutto resta fermo, incastrato nello spazio e nel tempo, come in un limbo.

È successo in un istante quando nella primavera di due anni fa tenevo tra le braccia il volto in lacrime di mia sorella con il suo foglio di esame istologico in mano. Ed allora per un #attimo – durato un’eternità – tutto, nella mia vita, si è fermato, ogni progetto, ogni impegno, ogni attività e ogni programma come sospeso in un tempo indefinito.

Ti è mai successo di provare quella sensazione di #smarrimento misto a confusione? Di sentire battere forte il cuore nel petto, fino quasi a provare un dolore sordo, fitto fitto anche alla bocca dello stomaco? E la bocca secca, e la voce strozzata in gola e un brivido freddo lungo tutto il corpo?

E pur tuttavia in un lampo, al contempo ogni spazio nella mia mente e nel mio cuore ha preso la forma dell’#Amore, quel sentimento immenso e indescrivibile che lega le persone fatte dallo stesso sangue, che unisce due sorelle separate negli anni dalle scelte di vita diverse, dagli eventi, da percorsi di ricerca personali e per questo unici ma che mai mai divise veramente. E quindi in quel momento per un attimo ho dovuto stare ferma, in ascolto del dolore, allenando la #presenza, esercitando quella #centratura e piena coscienza del #presente senza la quale non avrei potuto poi fare più nulla.

E ho imparato.

Ho imparato ad aspettare: giorni interminabili per avere risposte e speranze e possibili soluzioni.
Ho imparato a fare #silenzio, perché il silenzio si crea, si forgia dalla materia di cui è fatta quell’energia che abbiamo dentro e che troppo spesso sprechiamo, facendola straripare e irrompere con parole futili e vuote.
Ho imparato a sentire, col cuore intendo, che con le orecchie – forse – si è bravi tutti.

Giorno per giorno la “sua” malattia è diventata una lezione, da cui ho appreso la #gratitudine per il dono di poter passeggiare in un prato sulle mie stesse gambe, di poter assaporare i frutti della terra senza doverli frullare ad uno ad uno, di poter essere “intera” nel corpo e non mutilata dal male, di poter continuare ad amare le persone che mi sono accanto, di poter offrire il mio contributo al mondo impegnandomi in ciò che so fare.

E cosi è successo che piano piano, dopo ogni alba e dopo ogni tramonto, ho scelto di alzarmi da quella panchina di #paura, di lacrime e impotenza, sulla quale mi sono dovuta appoggiare per quel lungo istante di terrore che altrimenti mi avrebbe congelato e immobilizzato. E ho cominciato a #lottare al suo fianco, nell’esercito di soldati che siamo diventati, io e i miei cari, tutti (i nostri genitori, mio marito, mia suocera, una cugin/sorella e quell’amico/fratello/amante ritrovato da mia sorella)
E cosi mi sono fatta guerriera quanto lei ma mai abbastanza veramente forte e al suo livello: che si sa, certi mostri quando si affrontano, con #audacia e #determinazione, riescono a stimolare un #coraggio antico, arcaico e ancestrale. Lei attingeva a tutta la #forza dell’universo che da #donna selvaggia le apparteneva, ed è riuscita a concentrare nel suo viaggio personale di #crescita interiore, di #conoscenza e di #spiritualità: ha scoperto che il dolore fisico si può anche controllare, che il respiro nutre il corpo più del cibo, che il potere della #mente è eccezionale, che il #cuore, il cuore avverte e sente la paura, ma soprattutto che la #verità scoperchia ogni ferita antica e al contempo la guarisce. E quanta verità nei nostri #dialoghi, e quanto scambio, e quanto #confronto ha nutrito quelle giornate alle quali ho cominciato a dare un #senso differente: al risveglio chiediti che forma vuoi dare alle tue ore e comincia a fare cose che sai poi diventeranno un buon ricordo – questo dicevo a me stessa per non crollare, per resistere.

E mentre la battaglia proseguiva con soste in corsie di ospedali e anche qua e là piccole #gioie quotidiane, fatte di piaceri leggeri e momenti di denso #significato per le vite di tutti noi, ecco che accade ancora una volta e ancora più imprevisto e irruento: un altro mostro a farci visita.

Mio padre e il suo mal di schiena, mio padre e il peso del dolore sulle anziane spalle, mio padre e la sua vita di sacrifici per la famiglia, mio padre e il suo esempio di lealtà, responsabilità e integrità: mio padre e il suo pancreas con metastasi. E mia madre al suo fianco, condottiera insieme a lui di una nuova battaglia, ai confini del reale. E io a chilometri di distanza a continuare a traghettare la nave della #speranza, quella sulla quale mia sorella, ormai esausta, si lasciava ondeggiare.

E di nuovo, uno scatto di flash, stop, pausa, fermati Adriana, realizza, cosa sta succedendo?

E giù, accasciata sulla panchina che stavolta si è proprio addobbata a festa: colorata di #rabbia, di incredulità, di domande senza risposta e di ancora più impotenza. Ed ecco che la “sua” malattia diventa una seconda lezione per me, diventa #occasione per #trasformare un paradigma tramandato di generazione in generazione: “prima il piacere e poi il dovere” che altrimenti può capitare che per il piacere la vita non ti lascia tempo! E’ cosi che va cambiato il vecchio detto.

E ho continuato ad imparare.

Ho imparato che concedersi spazi per sé, per ciò che ci fa stare bene, per ciò che ci piace è utile e ci permette di trovare l’energia giusta, quella che serve poi per dedicarsi a chi amiamo, per poter dare loro quel sostegno autentico e totale. E mio padre lentamente cedeva le armi, abbandonandosi al nemico con quella rassegnazione triste di chi comprende che lottare è affaticarsi, che affaticarsi toglie il fiato, che il fiato lui lo dosava perché ne aveva poco ormai, e lo ha usato per dire “vi voglio bene” imparando ad attraversare quelle #emozioni per una vita controllate, tenute a bada.
Si sa un uomo vero – a suo parere – non piange mai.

E invece abbiamo pianto insieme, tante volte, e in ogni #abbraccio raccontava tante cose seppure senza dire, servono i fatti non le parole – diceva – che con lo sguardo era diventato bravo. I suoi occhi improvvisamente profondi quanto il mare che amava, quanto le onde sulle quali si lasciava trasportare in barca, placando quei pensieri di #responsabilità su tutto, mentre si regalava un po’ di relax. E una notte dopo appena 6 mesi si è addormentato tra le braccia di mia madre, sua moglie, sua ancora di salvezza, sua “eroina” – diceva – e mio esempio per sempre di #resilienza e coraggio.

Ma no, non ho potuto restarmene li, sulla panchina della tristezza indescrivibile, immobilizzata dalla sofferenza, no, non potevo concedermi il pianto della perdita, c’era ancora da lottare: e via altro treno, altra corsa. Ultima spiaggia, ultima terapia per mia sorella, ultima speranza, ultima tormentosa verità che non avremmo mai voluto ascoltare: e allora basta, lei dice “basta” e noi con lei, a proteggerla da quel male che ormai le restava da vivere.

Ed è in quei 2 mesi disegnati col fuoco, vestiti di spine, agghindati da incubi e notti insonni, mentre il #Covid19 ci teneva rinchiusi nelle nostre case, che poi accadeva anche di essere felici: perché la #felicità è fatta di piccole cose, se si impara ad apprezzare la luce di un raggio di sole in inverno, il profumo del pane appena sfornato, le #risate per un ricordo di infanzia, la voce di amici lontani persi nel tempo e ritrovati in un #legame mai scisso davvero, il calore di un abbraccio che quieta e calma, la sinfonia di una canzone inventata, la #bellezza di un fiore raccolto per strada.
E poi dopo che il suo corpo ha smesso di resistere, battagliero fino all’ultimo respiro, anch’esso ha raggiunto la sua anima che era pronta ormai da tempo al grande viaggio, quell’anima che era diventata pura luce e che la potevi sentire sulla tua pelle, con un brivido inspiegabile appena entravi in quella stanza. Quella stanza che conserva ancora oggi le note dell’ultima melodia angelica, la luce delle sue candele fatte a mano, l’affetto dei suoi amici sparsi nel mondo, e l’amore di tutti noi, quell’amore che non muore mai in nessuna forma.

Ora voi mi direte: “E come hai fatto stavolta a rialzarti dalla panchina del dolore?”

E io vi posso dire che a quella panchina io resto vicina, sempre molto vicina, che ogni tanto mi capita ancora di accomodarmi su di essa, in realtà almeno una volta al giorno, come fosse la mela che toglie il medico di torno, che di medici non ne voglio più sentir parlare… ma che la #sosta la faccio durare poco perché mi impegno ogni mattina a compiere un primo piccolo passo per andare #avanti e mi chiedo:
• cosa posso fare oggi per dare un senso al mio essere qui e ora?
• in che modo posso ritrovare l’energia che mi serve per dare un contributo agli altri?
• quale pensiero posso nutrire che mi permetta di alleggerire la mente?
• come posso entrare nel #flusso e lasciarmi trasportare da ciò che mi coinvolge?

• chi posso incontrare, chiamare per trasformare un dialogo in opportunità di scambio e per ampliare la prospettiva su come vedo le cose?
• quando e perchè in questa giornata, mi concederò un premio?
La #giraffa della foto sarà la mia compagna di viaggio, in questo peregrinare nel mondo che ho deciso di fare cominciando ad osservare tutto ciò che accade dentro e fuori di me come fossi una turista in vacanza: che noi su questa terra siamo ospiti, che noi su questa terra siamo passeggeri, che noi su questa terra siamo fortunati ad esserci e non lo sappiamo.

Il dolore esiste, accade, va vissuto, ma la sofferenza (che è il ricordo del dolore) può essere una scelta. Io scelgo di essere felice nonostante tutto e nonostante tutto forse potrò essere felice.
Vi invito a provarci…ad essere felici nonostante tutto …e che pensate di farcela o di non farcela, avrete comunque ragione (diceva Henry Ford) quindi ancora una volta, a voi la #SCELTA.

Se hai letto fino alla fine questo articolo allora vai ancora oltre, continua a seguirmi e ad allenare la resilienza!

16 Comments

  • tiziana
    Rispondi

    C’è una semplicità disarmante nel racconto delle esperienze vissute che mi porta davvero a riflettere sulla vita fortunata (aggettivo più che azzeccato) che vivo, ..scrivo al singolare, comincio proprio da me.
    E dopo aver letto più volte solo questa pagina-per il momento- mi è stato anche suggerito che per far fronte a tutto “basta lasciarsi guidare dal cuore”..è vero anche questo. Devo memorizzarlo.

    • Adriana
      Rispondi

      Tiziana grazie…per esserti lasciata guidare dal cuore già su queste righe …e così è quando si ascolta la voce interiore…le parole seguono il flusso.La gratitudine è esercizio quotidiano…anche questo va “memorizzato”.

  • Federica Ferrante
    Rispondi

    Grande Adriana, che fossi una persona speciale lo avevo capito dal nostro primo incontro. Questa ne è solo una conferma! Grande esempio per noi tutti. Un grande abbraccio pieno di GRATITUDINE!

    • Adriana
      Rispondi

      Grazie a te Federica per avermi dedicato la tua stima che è reciproca…perché tra anime guidate da “perché” speciali ci si riconosce al primo sguardo.Lieta di averti stuzzicato ispirazione

  • Deborah
    Rispondi

    Cara Adriana la vita ti ha messo davanti una battaglia terribile, che ti ho visto combattere con tua madre e con la sua forza immensa senza mai perdere il sorriso.
    Ti voglio bene cugina cara non cambiare mai….

  • Cristina
    Rispondi

    Hai saputo prenderti per mano e guidati attraverso il dolore verso una scelta di vita e positività, questo mi fa pensare che sarai in grado di camminare accanto a molti con questo progetto, verso un percorso di consapevolezza.

  • Karina
    Rispondi

    Autunno…stagione di ritrovati affetti… Così l’ho sempre definito…Ancor più oggi…cara Adriana…leggendo il tuo messaggio di resilienza….Nella battaglia d’amore e speranza verso ed attraverso i tuoi affetti… hai saputo far tua l’energia oggi maestra nel guidarti ad aiutare altri….Ti auguro che questa positiva energia ti guidi in un percorso di luce….💖

  • Dario
    Rispondi

    Grazie Adriana!!!

  • Giuseppe
    Rispondi

    Non e’ facile per nessuno affrontare certe situazioni. Ci vuole veramente coraggio ed uno spirito veramente guerriero. Comunque, non sei stata sola a combattere, ma sei stata affiancata da un’altra persona, molto piu’ forte di te: Tua madre. Questa sofferenza lo la augurero’ nemmeno al mio peggior nemico.

  • Emilia
    Rispondi

    Adriana.
    Una persona dall’animo nobile, un animo portatore di positività , portatore di consapevolezza e speranza.
    Una persona dall’anima Bella.

  • Pingback: Quando la propria VITALITA’ diventa un dono anche per gli altri - Coachidea - Adriana Buccoliero

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